Borat non è stato qui

Sacha Baron Cohen, il comico inglese demenziale e dissacratore, ha inventato un insolito personaggio. Si chiama Borat Sagdiyev ed è un giornalista kazako in viaggio negli Stati Uniti. La sua missione ufficiale è girare un documentario sulla vita nella amata-odiata superpotenza. In realtà il suo scopo è incontrare l'eroina del suo telefilm preferito.

Nel film diretto da Larry Charles, Borat gira per gli States e non perde l'occasione per rivelare di che pasta è fatto: razzista, sessista, cialtrone, il personaggio di Cohen non fa buona pubblicità ai kazaki. In questo articolo John Noble, autore Lonely Planet, rimette un po' le cose a posto e svela che in Kazakistan, molto probabilmente, Sacha Baron Cohen non è mai stato.



Se per caso vi fosse venuto il sospetto, sappiate che il Kazakistan di cui ci parla Borat è del tutto immaginario. I cavalli non hanno ancora ottenuto il diritto di voto, le donne possono viaggiare all'interno degli autobus (pagando il biglietto) e il rabbino capo del paese non molto tempo fa ha lodato il governo per il suo sostegno alla piccola comunità ebraica, dove solo in Kazakistan ha lo status di minoranza nazionale, oltre che religiosa.

Probabilmente Sacha Baron Cohen ha scelto il Kazakistan come patria del suo Borat perché questo paese dell'Asia centrale non è molto conosciuto in Occidente. In pochi si accorgeranno della mistificazione, avrà pensato.

Nato dalla disgregazione dell'Unione Sovietica, nel 1991, il Kazakistan è il nono paese più grande al mondo e, grazie alle riserve di petrolio e gas, la sua economia è una delle più prospere dell'Asia centrale. Si trova nel cuore della grande distesa eurasiatica, in una posizione fortemente strategica, tra Russia, Cina e il mondo islamico, nel cuore delle steppe che si estendono dalla Mongolia all'Ucraina. Queste ondulate distese di praterie sono la dimora ancestrale dei kazaki, un popolo dedito fino a non molto tempo fa quasi esclusivamente al nomadismo. Oggi i kazaki abitano in città, paesi e villaggi, insieme a russi, ucraini, bielorussi, uzbeki, coreani e persone di molte altre nazionalità (tra le quali gli ebrei, appunto), che per lo più arrivarono in epoca sovietica, spesso come deportati politici o internati nei campi di lavoro. Per un semplice sospetto, Stalin vi fece deportare tutti gli 80.000 coreani sovietici che vivevano ai bordi della provincia di Vladivostok. Ora, girare per il padiglione delle etnìe all'interno del Museo Nazionale di Almaty e ritrovare segni della presenza coreana può sembrare strano, ma anche molto eccitante. Deportazioni o no, il Paese è un porto di mare...

Per i kazaki la tradizione è ancora al centro di tutto. Le famiglie riconducono il proprio albero genealogico alla stirpe di Gengis Khan e sono in molti a giocare l'antico e sfrenato sport del kokpar, una specie di polo senza regole in cui una carcassa di animale fa le veci della palla. Lungo le strade di campagna vedrete cavalieri che indossano cappucci di pelliccia e che, servendosi di lunghi bastoni, conducono mandrie di cavalli, bestiame o pecore. La carne di cavallo e il kumys (latte di cavalla fermentato e non, come Borat vorrebbe far credere, urina dell'animale) sono ancora gli alimenti di base, soprattutto nelle aree rurali.

Le antiche tradizioni sopravvivono, ma il Kazakistan post-sovietico è impegnato a reinventarsi e a fare di sé una prospera e moderna nazione eurasiatica. Le città sono ormai entrate a pieno titolo nel XXI secolo, anche se mantengono l'impronta sovietica. I loro centri commerciali sono aperti 24 ore su 24, non mancano i negozi delle grandi catene internazionali, i caffè in perfetto stile occidentale, ristoranti e alberghi di buona qualità, bar eleganti e nightclub. I telefoni cellulari, poi, sono nelle tasche di tutti. Nei quartieri periferici si sta sviluppando l'edilizia residenziale, mentre le strade sono sempre più affollate di Toyota, Volkswagen o Mercedes, che hanno preso il posto delle vecchie Lada e Volga. Le auto continuano a fermarsi in prossimità delle strisce pedonali, ma sempre meglio tenere gli occhi aperti, quando si attraversa la strada.

L'opposizione politica non è molto tollerata dal presidente Nursultan Nazarbaev, alla guida del paese dal 1989. La famiglia del presidente detiene un enorme potere e lo stesso Nazarbaev è ritenuto uno degli uomini più ricchi del mondo. Nel bene e nel male, il suo governo ha riportato il paese alla stabilità, dopo gli anni turbolenti dell'era post-sovietica.


Kazakistan, non solo petrolio
Il Kazakistan, questo paese ricco di petrolio e grande quasi dieci volte l'Italia, sembra guardare un po' dall'alto in basso le altre repubbliche dell'Asia centrale (i cui nomi terminano tutti con il suffisso "stan", che significa "paese"), che si estendono a sud dei suoi confini, e compatire la loro arretratezza.

Il Kazakistan continua a essere ai margini dei principali percorsi turistici e ad attirare più petrolieri che viaggiatori. E questo non è affatto uno svantaggio per chi è in cerca di mete ancora poco esplorate.

Gli spazi non mancano: con una densità di popolazione di appena 6 persone per kmq, la claustrofobia sarà l'ultimo dei miei problemi.

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