ABAI KUNANBAI - LA tristezza del saggio

Nacque nel 1845 in una ricca “jurta” (tenda) bianca da una famiglia dove il padre era capo del Clan Tobykty.
Crebbe nel suo “aul” (villaggio) come tutti i ragazzi della sua età frequentando la “madressè”
Guardando i programmi di questa scuola c’è da rimanere stupiti.
Insieme allo studio del Corano, base di ogni madressè, troviamo la proposta di materie come la filosofia greca, una certa conoscenza della letteratura, non solo quella locale, e un’insieme di insegnamenti di carattere scientifico di ottimo livello.

Occorre ricordare che proprio dall’Asia Centrale (e non dal Nord Africa come molti profani credono) si è sviluppata quella scuola di pensiero che avendo come maestri Averroè ed Avicenna ha valorizzato il pensiero dei grandi maestri della Grecia, arrivando, poi, fino in Europa, dove se ne era persa un’approfondita conoscenza, fino a diventare parte fondamentale dell’insegnamento di S. Tommaso d’Aquino alla Sorbona di Parigi.

La steppa kazaka dove cresce il giovane Abai è un paese di nomadi, che compiono grandissime migrazioni con le loro mandrie, portandosi con sé le loro jurte, leggere, ma solide, ottimo riparo sia d’inverno che d’estate e luogo ospitale d’una vera e propria vita sociale “sotto la tenda”

Da anni pero` la steppa kazaka e` anche diventata un “protettorato” zarista. I forti dei russi, soprattutto lungo i fiumi, ma anche nei tradizionali punti di arrivo del flusso migratorio, assicurano un certo controllo sociale e politico di un popolo di per sè incontrollabile, proprio per il nomadismo compiuto in questi grandi spazi.

I kazaki trovano nel forte dei russi un’istituzione che in cambio di tributi, per lo più di bestiame, soprattutto di cavalli necessari all’esercito russo, concede una protezione, peraltro mai chiesta.

Il popolo kazako ha una sua apprezzabile tradizione giuridica e amministrativa nata da un difficile confronto tra le esigenze dei vari Clan e con forme decisamente originali anche rispetto alla tradizione giuridica islamica.

Cosi` molti funzionari e notabili kazaki diventano quasi automaticamente funzionari e notabili dello zar, e tra questi anche il padre dello stesso Abai, soprannominato “il khan del popolo”
Proprio costui comprendendo saggiamente che oltre al potere i russi possedevano altri valori, iscrisse il figliolo anche alla scuola russa gestita dai monaci ortodossi.

Così il giovane Abai già aperto alla conoscenza del nuovo trovò questo nuovo nella cultura russa, ma proprio perchè in quel tempo la cultura russa era molto aperta a quella europea, egli attraverso la scuola russa conobbe anche ad esempio, Goethe e Dante Alighieri.

Così l’incontro con la cultura russa ed europea aiutò Abai, ormai non più tanto giovane, a riscoprire con maggior profondità i valori nascosti e spesso purtroppo, dimenticati della cultura kazaka.

È significativa l’affermazione di Abai “l’Occidente è diventato il mio Oriente” con cui voleva dire che l’incontro con la cultura occidentale gli aveva risvegliato un amore vero per la propria cultura popolare, visto tra l’altro, che nella poesia di Goethe o di Dante o dell’amatissimo Puškin ritrovava le stesse questioni fondamentali che si trovano nella profondità del cuore di ogni uomo, compreso naturalmente il kazako.

E così Abai destinato all’inizio ad una semplice carriera di funzionario, attraverso la grande cultura, quella delle grandi domande e dei coraggiosi tentativi di risposta vede spalancarsi il suo orizzonte fino ad intuire il nesso misterioso tra il proprio destino personale e quello del popolo.
Cosi` ripete, citando l’amato Puškin che “il destino umano e` quello del popolo” di un popolo di cui si sente di far parte.

Certo che questa “conversione” spirituale ed intellettuale non fu facile. Da una parte il peso del potere zarista, comunque illuminato e ben lontano da quello che negli stessi anni porta a compimento nel continente americano il genocidio del popolo indiano e la radicale discriminazione di quello afro-americano.
Dall’altra, la rabbia, a volte apparentemente persino violenta, contro il proprio stesso popolo inconsapevole dei suoi stessi valori.

Proponiamo di Abai una scelta di brani in prosa tratti dal suo libro “I Detti” considerato la sintesi più autorevole della cultura kazaka.
Proponiamo anche alcune delle sue poesie scritte tutte in età matura, cioè nel momento in cui Abai ritenne di essere divenuto degno di affrontare quella che lui riteneva essere la “regina della letteratura”.

Nelle poesie si acuiscono, anche un senso pessimistico le questioni della giovinezza, ma, al tempo stesso si fa più personale ed appassionata la coscienza della Fede.

1 commento:

Daniela ha detto...

ehi!! non scrivi piu?.... dai!